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San Gavino Monreale
giovedì, 18 Aprile 2024

La mia Italia, la mia San Gavino

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Ricordo un paese felice, un paese che ti riempiva di orgoglio. Ogni volta che mi chiedevano la residenza, con orgoglio rispondevo “sono di San Gavino Monreale”. Ricordo le passeggiate nella via Roma, le vetrine illuminate di luci e colori, le passeggiate dopo il lavoro, non c’era posto nei marciapiedi, tanta era la gente. Ricordo che potevo scegliere i pantaloni, le scarpe e i regali in diversi negozi del paese e di certo non facevo torto a nessuno, perché tutti vendevano tutti erano felici.

Nel mio paese felice si vendevano tanti giornali, tutti leggevano le belle notizie scritte da giornalisti orgogliosi della cittadina e contenti di far sapere al mondo quanto di bello offriva San Gavino Monreale. Erano attese le feste: le porte si aprivano per donare un piccolo contributo, perché la festa la sentivamo nostra.

La via Roma in una foto d’epoca
La via Roma in una foto d’epoca

Tutto parlava di orgoglio: le strade, la piazza, lo sport, la gente, gli uffici, si vociferava addirittura che San Gavino Monreale potesse diventare capoluogo di Provincia. Ma ci pensate? Sarei stato il più felice del mondo, nel rispondere a quelli che mi avessero chiesto “dove abiti?” – “abito nel capoluogo della Provincia del Medio Campidano”.

Era un piacere andare a Cagliari o ad Oristano in treno, si andava alla stazione dentro il paese, si comprava il biglietto, si diceva grazie con un sorriso al signore della biglietteria, il capostazione col suo fischio dava il via al treno, locale o diretto che fosse. Ricordo che potevi parlare col sindaco, che ti raccontava le novità del paese, mentre anche lui, come tutti, percorreva le strade allegre di San Gavino Monreale.

Come posso ricordare il mio paese felice, oggi che vivo in un paese triste? Sono sempre orgoglioso di essere Sangavinese, ma non lo dico con piacere. La via Roma oggi è deserta, le serrande sono abbassate, ma abbassate per sempre. I pantaloni, le scarpe e i regali oggi andiamo a comprarli da chi ci ha tolto anche l’ultima bottega. Con grande piacere i giornali parlano sempre peggio del mio paese, quasi come per godere, e io vorrei stroncare quelle penne. Le feste non le sentiamo più nostre, non abbiamo soldi, tutto è diventato commerciale, le porte non si aprono più.

Ora è andato via anche il sogno della mia Provincia e tra non molto ci toglieranno anche la Sardegna. Il signore che vendeva i biglietti alla stazione non c’è più: al suo posto c’è una macchina che non ti sorride e non ti dà neppure il biglietto. I sindaci non si vedono più e non ti parlano più da tempo. La mia San Gavino è diventata un paesino triste. La mia Sardegna è triste, la mia Italia è triste: a chi devo rivolgermi per rivedere il sorriso di noi italiani?

Fonte: Comprendo Numero 41

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