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venerdì, 29 Marzo 2024

Nuovo Coronavirus (e non): la catena della disinformazione

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Eventi e manifestazioni

Sembra utile ma anche doveroso dire qualcosa sulle cosiddette “fake news”, sulla disinformazione che, in un periodo confuse e drammatico come questo, trova terreno fertilissimo per propagarsi in modo veloce e straordinario, anzi addirittura per radicarsi in modo efficacissimo nella testa delle persone. Un esempio di questo tipo di informazioni potrebbe essere il modo in cui si propaga, su Facebook o sulle varie chat, l’informazione relativa ai contagi, all’identità delle persone contagiate, allo scoppiare di “focolai” (spesso quando non è vero).

Un altro esempio, è quello che riguarda il quesito (molto in voga, soprattutto da quando si è rimesso in circolo un vecchio servizio di Leonardo del 2015 sugli esperimenti su coronavirus in Cina negli ultimi anni): da dove si è originato il virus? Anzi, non ci si pone nemmeno la domanda, si afferma direttamente: “Ecco dove si è originato il virus!” (magari accompagnato anche da un bel, gratuito, “maledetti cinesi”). Sembra che per capirlo non si debba essere microbiologi o virologi, non si debbano avere in generale nozioni di genetica o di infettivologia o quant’altro, basta avere uno smartphone e dedicare qualche minuto alla visione di un video che diventa virale in poche ore. Si ha immediatamente un boom di nuovi esperti sul tema che, ovviamente, non hanno di meglio da fare che infangare gli “scarsi” risultati raggiunti sinora dagli studiosi. Quegli “incompetenti”, “sfaticati” o “imbroglioni” di studiosi che “non hanno ancora capito nulla”, mentre “io sì”. Su questo tema non diciamo niente di più, ma vi invitiamo, se proprio siete interessati ad approfondire, a rivolgervi agli esperti o a provare a leggere voi stessi gli studi prodotti al riguardo, le ricerche su questo e sui numerosi altri tipi di coronavirus esistenti e così via.

Prendiamo ancora alcuni dei pregiudizi più diffusi riguardano l’opinione dei medici. A partire da frasi come i medici “non sanno nemmeno loro cosa fanno” o “sanno la teoria, ma non la pratica” si passa molto facilmente a mettere in pratica suggerimenti trovati sul web, messi online da non si sa chi, che si presentano come soluzione efficace e immediata a tutti i problemi, come rimedio a ciò che i medici non sono riusciti a curare o a capire. Si passa dal disprezzare lo specialista, che lotta quotidianamente sul campo, che ha studiato e che ha esperienza alla decisione di seguire un qualunque consiglio a caso trovato sul web. Perché? Perché “sono stato io” a trovarlo, “sono stato io” a informarmi, “sono stato io” a leggerlo su questo o quel sito, “sono stato io” ad ascoltare questo o quell’audio, a guardare quel video e a farmi una “idea mia”. Per il semplice fatto di avere accesso a internet, dove tutto è a portata di mano e in fretta, dove ci sembra di poter trovare la chiave per risolvere ogni mistero, ecco che chi studia e lavora in un determinato ambito da anni non conta più nulla, mentre chi legge per 3 minuti una paginetta su internet (su questioni anche complicatissime) immediatamente è convinto di aver capito tutto. Inutile sottolineare la pericolosità di tutto questo, per se stessi e per gli altri.

Già, per gli altri: perché il passo successivo è condividere quella pronta e veloce informazione, diffondendola rapidamente sui social network, tra tutti i contatti e su tutte le chat di WhatsApp o dove vi pare. E allora non solo il singolo è convinto di avere in pugno tutta la verità, ma una marea di singoli ne sono convinti, rafforzati dall’idea che anche altri “la pensano allo stesso modo”. Sembra chiaro che, se questo è il modo in cui si diffondono le notizie, la possibilità di raggiungere e “convincere” il maggior numero di persone in tempi brevissimi è evidente.

E allora che fare quando ci troviamo davanti a un’informazione che ci sembra rivelare una verità che non sapevamo, una notizia allarmante, una news che immediatamente pensiamo doveroso diffondere?

Individuare la fonte: chi è che scrive l’articolo, parla nell’audio, ha diffuso il video? Si tratta di fonti ufficiali, di organizzazioni o istituzioni, di personaggi famosi, di scienziati, di testate giornalistiche di serie a o di serie b, di blogger, di nostri conoscenti, di persone totalmente sconosciute o, addirittura, non è possibile nemmeno risalire alla fonte? Fa molta differenza capire da dove si origina un’informazione, qual è il messaggio e per quali motivi viene diffuso.

Evitare di disprezzare gli “specialisti”, come ad esempio medici e ricercatori, che passano il loro tempo a studiare, confrontare, sperimentare e ragionare, sarebbe un altro passo utile per arrivare, insieme, a far luce su numerose questione che al momento ci confondono. Non perché i cosiddetti specialisti siano autorità infallibili che non possiamo mettere in discussione, ma proprio per il contrario: perché, consapevoli della loro fallibilità, lavorano con prudenza, lentamente e per gradi, confrontando i dati delle proprie ricerche con quelle di altri, mettendosi continuamente in discussione e cercando di aggiungere piccoli, anzi piccolissimi tasselli di nuove conoscenze rispetto a problemi complessi, difficilmente risolvibili come pretendono di fare, invece, certi video virali della durata di 3 minuti o post eclatanti.

L’altro consiglio potrebbe essere infatti questo: diffidare da ciò che si mostra come particolarmente sensazionale ed eclatante e da quelle informazioni accompagnate da “ma nessuno ve lo dice” o “volevano tenercelo nascosto” e così via. Qui non vogliamo addentrarci nel delicatissimo problema del complottismo, ma semplicemente far notare che è più probabile che le informazioni più affidabili non circolino attraverso messaggi veloci, di pronta fruibilità, sensazionali; né tanto meno attraverso video, immagini o brevissimi audio. Piuttosto è chiaro che accedere alle informazioni più affidabili è più difficile perché produrle richiede più tempo, continue letture, una preparazione professionale di un certo tipo e di un certo livello, uno scambio continuo tra esperti, un confronto tra discipline, tanta pazienza, tanto lavoro, tanta cautela. Tutto questo è necessario prima di poter avere informazioni condivisibili su ampia scala: e allora, se il nuovo coronavirus che ha scatenato questa pandemia è noto agli studiosi da pochissimi mesi, come possiamo affermare di aver capito tutto in poche settimane? E come si fa ad aggredire medici e scienziati che “ancora non hanno capito niente”? Purtroppo, per quanto ognuno faccia la propria parte, occorre tempo, pazienza, fiducia e rispetto per il lavoro altrui, c’è ben poco da fare!

Ricordiamoci anche che, specie per quanto riguarda questo coronavirus, del quale, appunto perché è “nuovo”, si sa ancora troppo poco, anche le informazioni mutano velocemente, man mano che si accumulano nuovi dati, nuove esperienze e nuove ricerche. Hai voglia a condividere continuamente ogni minima variazione, ogni cambio di trend! Siete sicuri che è ciò che ci fa stare bene e che ci aiuta a risolvere la situazione? Forse ci sono modi più concreti per intervenire, per dare una mano a chi ora si trova più in difficoltà, a chi rischia la vita. Sicuri che condividere quell’audio allarmante, quel grafico, quell’immagine, quel video può cambiare la situazione in meglio?

E allora, pensiamo a ciò che fa bene alla salute: siccome nessuno può essere un esperto di tutte le cose esistenti nel mondo (i cosiddetti “tuttologi”) e siccome la quantità di informazioni è sterminata e circola e si modifica molto velocemente, diamoci un compito: cominciamo a frenare questo bombardamento che è per tutti la principale causa di stress, a selezionare le fonti, a scegliere bene come informarci nella maniera più adeguata. Forse sparirà anche quell’ansia di condividere a tutti tutto e subito, quell’ansia di scoprire misteri e complotti, quell’ansia di essere sempre sul pezzo svelando agli altri cose che noi “avremmo scoperto” e che “nessun altro sa”, di cui ci sembra “doveroso” e “urgente” rendere partecipi, volenti o nolenti, pure gli altri. Facciamo così: prima di condividere, prendiamoci qualche minutino in più e rallentiamo un po’ questa catena…

La.F.

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