La Sardegna, con i suoi poli industriali e le sue competenze, si trova oggi al centro di un passaggio cruciale: trasformare una lunga storia industriale in una nuova stagione di innovazione sostenibile e autonomia strategica europea.
La sfida dell’autosufficienza europea sulle materie prime critiche entra nel vivo, e la Sardegna si conferma uno snodo strategico. La Commissione Europea ha inserito il progetto della Glencore per l’estrazione del litio dalla “black mass” delle batterie esauste tra le 47 iniziative considerate prioritarie per il futuro energetico e industriale dell’Unione. Un piano da circa 400 milioni di euro, destinato allo stabilimento di Portovesme, che potrebbe diventare un polo avanzato per il riciclo e il recupero di materiali essenziali come litio, nickel, cobalto, rame e manganese.
L’obiettivo dichiarato è chiaro: ridurre la dipendenza dell’Europa da fonti esterne e rafforzare una filiera continentale per le materie prime strategiche. Il progetto Glencore rappresenta in questo senso un tassello fondamentale, non solo per l’isola ma per l’intero sistema industriale europeo. Il sito di Portovesme è stato progettato per trattare ogni tipologia di massa nera a base di ioni di litio, compresi i materiali al litio ferro fosfato, con una capacità produttiva stimata tra le 50.000 e 70.000 tonnellate annue.
Le previsioni parlano di una produzione annuale fino a 10.000 tonnellate di carbonato di litio, 14.000 di nickel, 2.000 di cobalto, 1.000 di rame e 700 di manganese. Una prospettiva che si traduce anche in occupazione: il piano prevede l’impiego diretto di 250-350 lavoratori, mentre la società sta ancora valutando processi produttivi paralleli.
«Siamo lieti di collaborare con le istituzioni nazionali, regionali e locali, così come con la Commissione europea per portare avanti le prossime fasi e sostenere gli obiettivi comuni nello sviluppo di progetti strategici in tutta l’Unione europea», ha dichiarato il Gruppo industriale Glencore a “Il Sole 24 Ore”, sottolineando la volontà di portare avanti il progetto in sinergia con gli attori pubblici. L’azienda si dice pronta a contribuire alla costruzione di una nuova filiera industriale europea, capace di reggere la competizione globale.
Ma Portovesme non è l’unico asset sardo al centro delle attenzioni. Anche lo stabilimento metallurgico di San Gavino Monreale, storicamente legato alla produzione di piombo e argento, potrebbe rientrare nelle strategie di riconversione industriale? Da tempo si discute della possibilità di integrarlo all’interno della filiera delle materie critiche, approfittando delle competenze già presenti e della collocazione strategica nel territorio del Medio Campidano. Le potenzialità dello stabilimento di San Gavino potrebbero essere valorizzate in chiave di supporto logistico e produttivo per la lavorazione e il recupero di metalli, contribuendo a distribuire sul territorio gli effetti positivi dell’investimento europeo.
I sindacati accolgono positivamente la notizia dell’inserimento del progetto tra quelli strategici UE, ma rilanciano la necessità di costruire una filiera industriale completa, coinvolgendo nuovi investitori e creando un ecosistema produttivo duraturo.
Mentre si guarda al futuro, a Portovesme resta però irrisolta la questione legata alla linea zinco, ferma a causa degli alti costi energetici. Una vertenza ancora sul tavolo, tanto che sindacati e Regione Sardegna hanno richiesto una nuova convocazione al Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Il nodo resta quello dell’energia, fattore determinante per ogni piano industriale nel settore metallurgico.