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domenica, 9 Novembre 2025
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“Transumanza”: suoni di pietra, metallo e vento possiedono la liquidità del paesaggio sonoro nel cuore di San Gavino

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San Gavino Monreale, 23 agosto 2025. Nel cuore vivo de “Sa Festa de su Bixinau de Oristanis”, un’esperienza performativa ha ridato corpo e voce a un rito antico: la transumanza.

Non come suggestione poetica, ma come gesto concreto, fatto di fatica, resistenza e ascolto, dove ogni suono è memoria, ogni silenzio è attesa.

La performance, firmata da Giuseppe Sanna e Luca Congia, si è svolta attorno all’installazione Transumanza dell’artista Alessio Orrù: 17 basi di pietra, come stazioni di un pellegrinaggio agreste, da cui si innalza un ricciolo di ferro. Alla sua estremità, sospesa, una campana sarda: ognuna diversa, ognuna scelta e accordata con lo spirito dell’artista.

Su questo scenario carico di senso si è innestato il gesto sonoro di Giuseppe Sanna, percussionista e ricercatore del suono. Il suo corpo ha parlato con metallo, acqua e pietra, strumenti che non imitano la natura ma ne fanno parte. Le sue percussioni hanno evocato il passo lento delle greggi, il lavoro dei pastori, il clangore delle campane che guidano, la stanchezza e il coraggio di chi attraversa terre dure per sopravvivere. Ogni colpo è stato come un’impronta sul terreno.

Nel vuoto tra un ritmo e l’altro, è arrivato Luca Congia, artista multidisciplinare che, con il suo flauto traverso e le sue note hanno interpretato il respiro del vento, che accompagna il viaggio o lo ostacola, che fischia tra le rocce o consola il silenzio. Suonava come l’eco dei pensieri solitari durante le notti all’aperto, come la voce invisibile della natura che osserva e accoglie.

Insieme, Sanna e Congia hanno costruito un cammino sonoro fatto di gesti misurati, pause necessarie, intesa profonda. Nessuna teatralità: solo la verità di un incontro. Una narrazione che non ha bisogno di parole, perché i suoni bastano a raccontare il sacrificio e la bellezza del muoversi in armonia con la terra.

Il pubblico ha ascoltato in silenzio. Alla fine, un applauso misurato, quasi timido, ha rotto l’incanto, come se ci si svegliasse da un sogno collettivo. Perché Transumanza non è stata una semplice performance, ma un rituale laico, un atto di riconoscimento verso chi ha camminato prima di noi, lasciando dietro di sé sentieri e silenzi.

In un tempo che dimentica la lentezza, questo lavoro ha restituito valore al cammino, al suono, alla memoria. Come una campana lontana che ancora, ostinatamente, continua a chiamare.

Foto di Matteo Pusceddu.

Ecco anche il video della performance 23 agosto 2025

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