Sguardi sul mondo – tra ironia e dramma, satira e poesia – con la Stagione di Prosa | Musica | Danza & Circo Contemporaneo 2025-2026 organizzata dal CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna al Teatro Comunale di San Gavino Monreale con la direzione artistica di Valeria Ciabattoni e con il patrocinio ed il sostegno del MiC / Ministero della Cultura, della Regione Autonoma della Sardegna e del Comune di San Gavino Monreale e con il contributo della Fondazione di Sardegna. Dodici titoli in cartellone da novembre ad aprile con artisti di spicco del panorama nazionale ed internazionale, tra un omaggio a Dario Fo (in occasione dei 100 anni dalla nascita e 10 dalla scomparsa del drammaturgo Premio Nobel) e un ricordo del chitarrista e compositore Massimo Ferra, una pièce – “Ribelle” – dedicata a Michela Murgia e un progetto coreografico ispirato a “La Passione di Cristo” – in occasione del Giubileo.
Tra i protagonisti Gaia De Laurentiis con l’algherese Stefano Artissunch in “Una giornata qualunque” di Dario Fo e Franca Rame, per una riflessione sull’emancipazione femminile; Ninni Bruschetta (alias Duccio Patanè, il direttore della fotografia cocainomane di “Boris”) e Claudio “Greg” Gregori (del duo Lillo e Greg) con Fabrizio Colica, Paola Michelini e Gianluca Musiu in “A Mirror” di Sam Holcroft, su un (ipotetico) futuro distopico dove il teatro diventa simbolo di libertà; Stefano Fresi (Nastro d’Argento 2019 come miglior attore di commedia) in “Dioggene”, un surreale monologo scritto e diretto da Giacomo Battiato sulle (dis)avventure di un attore e la scoperta di una nuova filosofia di vita e Serena Balivo (Premio Ubu 2017 come miglior attrice under 35) ne “La Morte ovvero Il pranzo della domenica”, uno poetico e struggente spettacolo di Mariano Dammacco, sulla sfera degli affetti e sul tema della vecchiaia e dell’inevitabile fine.
Una commedia nera per Maria Grazia Cucinotta (iconica interprete de “Il Postino” di Massimo Troisi), protagonista con Pino Quartullo (che firma anche la regia) de “La Moglie Fantasma” di David Tristram con Gianmarco Pozzoli, Giorgio Verduci e Roberta Petrozzi e con la partecipazione di Alessandra Faiella, per un ideale viaggio dietro le quinte; ex deputato e attivista, Alessandro Di Battista porta in scena le sue “Scomode Verità” per una riflessione sull’assurdità e la ferocia della guerra. Maurizio Giordo firma drammaturgia e regia di “Ribelle / Storie di una notte cambiata”, uno spettacolo dedicato a Michela Murgia, liberamente tratto da “Storie della buonanotte per bambine ribelli” di Francesca Cavallo ed Elena Favilli (da un’idea di Paola Zoroddu) mentre s’intitola “Nives / Una telefonata lunga una vita” la pièce tratta dal romanzo di Sacha Naspini, con Sara Donzelli e Sergio Sgrilli, un progetto teatrale di Giorgio Zorcù su un dialogo a distanza che ripercorre due destini, tra occasioni mancate, ricordi e rimpianti.
Un universo sonoro raffinato e ricco di suggestioni con “Ferra’s Legacy – L’opera di Massimo Ferra”, con il Bebo Ferra Quartet – Special Guest Gabriele Mirabassi, per un’antologia di brani scritti dal musicista e compositore prematuramente scomparso; spazio alla danza con “The Man” di RBR Dance Company, visionario racconto per quadri ispirato a “La Passione di Cristo” di Mel Gibson con coreografie di Cristina Ledri e Cristiano Fagioli, e il “Sogno di una notte di mezza estate” di COB / Compagnia Opus Ballet con coreografie di Davide Bombana, per un omaggio al genio di William Shakespeare tra le vicende dei giovani innamorati e la rivalità tra Oberon e Titania, «re e regina del mondo dell’allucinazione».
Tra gli appuntamenti da non perdere, quello con “The Barnard Loop” di DispensaBarzotti, con ideazione e drammaturgia di Alessandra Ventrella (sua la regia) e Rocco Manfredi, affascinante pièce di nouveau cirque sulla notte insonne di un personaggio stralunato e maldestro, che si mostra in tutta la sua fragilità… tra oggetti che si animano e situazioni surreali, per il divertimento di grandi e piccini.
Una programmazione interessante e variegata che spazia tra differenti registri e stili, privilegiando la leggerezza dell’ironia, ma toccando anche le corde più intime e segrete, per affrontare temi complessi come la solitudine e il male di vivere, la perdita, il gioco delle passioni e il dilemma tra fede e ragione, oltre alla ricerca della propria identità, e offrire spunti di riflessione su questioni come la pace e la guerra e le origini dei moderni conflitti, la libertà d’espressione e la censura, l’emancipazione femminile e la violenza di genere.
IL CARTELLONE
Il sipario si apre – domenica 16 novembre alle 21 – su “Scomode Verità / Dalla guerra in Ucraina al massacro di Gaza” di e con Alessandro Di Battista, produzione Loft Produzioni S.r.l. e distribuzione a cura di Epoché ArtEventi: uno spettacolo di teatro civile «sui massacri commessi in nome della civiltà, sulle incredibili fake-news che li hanno permessi e sulla pavidità dei politici europei ーed italiani in particolare ーche hanno preferito tradire l’interesse generale ed i principi costituzionali in favore dell’interesse particolare della grande finanza e dell’industria delle armi». Un monologo avvincente per una riflessione sull’assurdità e sulla ferocia della guerra, che sparge morte e distruzione e semina l’odio tra i popoli: in seguito all’evoluzione tecnologica, tra “armi intelligenti” e sistemi di comando a distanza, gli scontri non avvengono più sui campi di battaglia ma direttamente nelle città, cresce il numero delle vittime civili e scuole ed ospedali sono diventati obiettivi “strategici”. Dopo il successo di “Assange / colpirne uno per educarne cento”, Alessandro Di Battista porta in scena le “Scomode Verità” sulle cause dei conflitti in Medio Oriente, dall’Afghanistan all’Iraq e alla Libia, per affrontare poi la genesi della guerra in Ucraina, mettendo l’accento su «la narrazione bellicista ed il sistema mediatico occidentale» e ricostruire la storia della Palestina, dalla nascita dello Stato d’Israele alla Nakba, con la prima e la seconda Intifada e gli accordi di Oslo, fino all’odierna “guerra di Gaza”, evidenziando «l’uso strumentale dell’antisemitismo» e l’affermarsi del «fondamentalismo» e del «terrorismo di Stato» in Israele. Il monologo, si conclude con un messaggio di speranza , e un invito a «stare dalla parte dei “dannati della Terra”, dunque, dalla parte giusta della Storia».
Omaggio a Massimo Ferra – giovedì 18 dicembre alle 21 – con “Ferra’s Legacy”, una produzione MedInSard con il Bebo Ferra Quartet feat. Gabriele Mirabassi: un concerto dedicato alla musica del poliedrico chitarrista e compositore, prematuramente scomparso, figura centrale del panorama isolano e fonte d’ispirazione per intere generazioni. Sul palco il fratello Bebo Ferra, jazzista di fama internazionale, alle chitarre ed il figlio Pietro Ferra al violino, accanto a Salvatore Maiore (contrabbasso e violoncello) e Francesco Sotgiu (batteria e violino), con la partecipazione del clarinettista Gabriele Mirabassi, musicista eclettico che spazia fra classica e note improvvisate, per un emozionante tributo all’artista cagliaritano, tra affascinanti melodie e suggestivi paesaggi sonori. “Ferra’s Legacy” è un viaggio alla riscoperta della musica di Massimo Ferra, uno dei più talentuosi chitarristi isolani, interprete raffinato ed autore di partiture per trio e orchestra d’archi e per chitarra classica e orchestra d’archi, oltre a pagine di musica sinfonica, tra classica e jazz, alle composizioni per formazioni cameristiche e per ensembles di chitarre acustiche ed elettriche ed alle colonne sonore per il cinema. Nel corso di una lunga ed intensa carriera, ha inciso albums come “La strana storia di Teddy Luck” con il Massimo Ferra Trio e “Passi Difficili” con Paolo “Peo” Alfonsi, “Ferra Vs Ferra” con il fratello Bebo, “Kilim” con il Kilim Trio e “Skipper Doll” con il Massimo Ferra Guitar Six ed ha collaborato con artisti come Javier Girotto, Paolo Fresu, Mike Mainieri, Rita Marcotulli, Bruno Tommaso, Elena Ledda, Paolino Dalla Porta e Pat Metheny. “Ferra’s Legacy” fa rivivere lo spirito di Massimo Ferra con un’antologia di brani significativi, con nuove interpretazioni ed arrangiamenti originali.
Una coinvolgente commedia nera contro la censura – mercoledì 7 gennaio alle 21 – con “A Mirror / uno spettacolo falso e NON autorizzato” di Sam Holcroft (per gentile concessione dell’Agenzia Danesi Tolnay) con Ninni Bruschetta, Claudio “Greg” Gregori, Fabrizio Colica, Paola Michelini e Gianluca Musiu, scene di Alessandro Chiti, costumi di Giulia Pagliarulo, musiche di Mario Incudine e disegno luci di Sofia Xella, per la regia di Giancarlo Nicoletti – coproduzione Altra Scena e Viola Produzioni / Centro di Produzione Teatrale. Una pièce divertente su temi “spinosi” ed attuali come la libertà d’espressione e l’autoritarismo, in cui una festa di nozze diventa l’espediente per realizzare uno spettacolo in un (immaginario) stato totalitario dove ogni rappresentazione teatrale deve superare il vaglio della censura di regime: gli “invitati” che formano il pubblico sono quindi testimoni e complici di un’azione “sovversiva”, una rivolta silenziosa contro il potere. “A Mirror” è « un elettrizzante thriller dark ad alto tasso di ironia e adrenalina, in cui nulla è come sembra» e l’annunciato matrimonio di Nina e Leo si trasforma in un atto “politico”, sul filolo della suspense, tra continui ribaltamenti di ruolo e coups de theatre, mentre «le forze dell’ordine attendono in agguato, riducendo sempre più la distanza fra lo spazio dietro le quinte ed il palcoscenico, in un crescendo di suspense in cui si attendono da un momento all’altro un’irruzione e la conclusione della recita. Sul palco, specchio di una società ormai lontana dai principi e dalle forme di una moderna democrazia, gli artisti cercano di far sentire la loro voce, coinvolgendo gli spettatori in una situazione ad alto rischio, con un finale tutto da scoprire…
Un gioco di specchi fra vita e arte – domenica 18 gennaio alle 21 – con “Dioggene”, uno spettacolo scritto e diretto da Giacomo Battiato e interpretato da Stefano Fresi, con musiche di Germano Mazzocchetti, costumi di Valentina Monticelli, disegno luci di Marco Palmieri, allestimento scenico Pier Paolo Bisleri, scultore Oscar Aciar, decoratore Bartolomeo Gobbo, foto Chiara Calabrò, produzione Teatro Stabile d’Abruzzo – Stefano Francioni Produzioni – Argot Produzioni. Un monologo in tre atti, che mette in risalto il talento istrionico dell’artista romano di origine sarda, nel ruolo di Nemesio Rea, un attore di successo che in “Historia de Oddi, Bifolco” dà voce a un contadino toscano reduce dalla Battaglia di Montaperti, mentre ne “L’Attore e il buon Dio”, in procinto di entrare in scena, parla di un feroce litigio con la moglie, e infine, nel terzo quadro, “Er Cane de via der Fosso d’a Maijana” abita in un bidone della spazzatura, dopo aver rinunciato a tutto, sull’esempio dell’antico filosofo, e riflette sul senso della vita. “Dioggene” racconta la storia di un attore famoso, amato e apprezzato dal pubblico, che a un certo punto, dopo la crisi del suo matrimonio, intraprende un percorso di ricerca personale, mettendo da parte le antiche ambizioni e diventando un modello di austerità e saggezza. Una vicenda paradossale, in cui Stefano Fresi (Nastro d’Argento come miglior attore di commedia nel 2019 per “C’è tempo”, “L’uomo che comprò la Luna” e “Ma cosa ci dice il cervello”) presta volto e voce ad un moderno antieroe che nell’era del consumismo si priva del superfluo e sceglie la semplicità.
Cronaca di una notte inquieta – venerdì 23 gennaio alle 21 – con “The Barnard Loop”, un incantevole spettacolo di nouveau cirque, ideato e scritto da Alessandra Ventrella (che firma anche disegno luci e regia) e Rocco Manfredi, con scene di Rocco Manfredi e Paolo Romanini, sound design di Dario Andreoli, supporto logistico di Cie Les Karnavires – produzione DispensaBarzotti. Sul palco Jacopo Maria Bianchini e Rocco Manfredi, per un immaginifico racconto tra una caffettiera inesauribile, oggetti che appaiono o si animano, mentre il protagonista si smarrisce nell’incertezza, nel dubbio di essere una infinitesimale particella del cosmo: una moderna favola (fanta)scientifica ovvero la storia un uomo in cerca della sua identità e del significato dell’esistenza, davanti all’infinito. “The Barnard Loop” (progetto vincitore del concorso Odiolestate 2018, Carrozzerie | n.o.t, Roma – menzione speciale al festival Tendenza Clown 2019, Milano) – con un titolo che rimanda all’omonima nebulosa nella costellazione di Orione – tratta con delicatezza «la paura di essere un nessuno che nulla sa con certezza, la sensazione di essere un piccolo punto nell’immensità dell’universo». Barnard è «un personaggio perennemente indeciso, stralunato e maldestro», che si rivela in tutta la sua fragilità», con i suoi pensieri, i suoi timori, le sue ossessioni in un susseguirsi di situazioni surreali, ai confini tra fantasia e realtà. “The Barnard Loop” è un omaggio al mistero, a tutto ciò che può sorprendere, alla materia inesplicabile e spesso inestricabile dei sogni, come riflesso dei turbamenti e delle ansie del quotidiano, in una sorta di percorso interiore, «una traversata onirica di stati fisici e mentali … verso un’illusione senza fine».
Ritratto di una moderna donna in carriera – domenica 1 febbraio alle 21 – con “Una giornata qualunque” di Dario Fo e Franca Rame, con Gaia De Laurentiis e Stefano Artissunch (che firma anche la regia) e con Lorenzo Artissunch, musiche della Banda Osiris – produzione Synergie Teatrali: una commedia brillante incentrata sulla figura di Giulia, una manager pubblicitaria che, dopo la separazione dal marito, abita da sola, circondata da apparecchi elettronici, compresa la strumentazione necessaria per realizzare dei filmati. L’amarezza e la solitudine, cui non è più abituata dopo trentacinque anni di matrimonio, hanno spento la sua gioia di vivere al punto da indurla a meditare di togliersi la vita, ma non prima di aver lasciato un messaggio d’addio all’antico consorte, confessandogli di averlo molto, forse troppo amato e rivelandogli propria incapacità di rassegnarsi alla sua nuova condizione di single, tanto più che per vincere il dolore della separazione si è data al fumo e all’alcol, oltre a cercare consolazione nel cibo. Il suo modernissimo monolocale riflette i reiterati ed inutili tentativi di liberarsi di questi nuovi “vizi”, e in un certo senso rappresenta lo specchio dei suoi fallimenti e della sua sofferenza, quindi proprio la cornice ideale per l’estremo gesto. Ma proprio mentre si accinge a girare il suo video-messaggio, Giulia viene interrotta dallo squillo del telefono: il suo numero è apparso per errore su una rivista come recapito di una psichiatra, e così si ritrova suo malgrado a rispondere alle richieste di pazienti in cercda di ascolto e buoni consigli, in una situazione surreale in cui si inserisce pure l’intrusione di un potenziale ladro… finché la protagonista si rende conto di non essere un caso così disperato… e di trovarsi comunque in buona compagnia…
Un giallo “dietro le quinte” – venerdì 20 febbraio alle 21 – con “La moglie fantasma” di David Tristram con Maria Grazia Cucinotta e Pino Quartullo, accanto a Gianmarco Pozzoli, e con Giorgio Verduci e Roberta Petrozzi e la partecipazione di Alessandra Faiella, con scenografie di Lucio Diana, costumi di Laura Liguori, disegno luci di Andrea Lisco e musiche di Diego Maggi, per la regia di Marco Rampoldi, co-produzione CMC/Nidodiragno e Rara. Tra echi shakespeariani e rimandi ai gialli di Agatha Christie, “La moglie fantasma” accende i riflettori su un delitto: la vittima è una celebre attrice, morta suicida (apparentemente) al termine di una trionfale tournée il cui spettro, come nell’“Amleto”, riappare tra i vivi per chiedere vendetta. La defunta si presenta, in spirito, all’ex marito che, dopo le prime reazioni di sconcerto e sgomento, accetta di organizzare le prove di uno spettacolo ispirato all’omicidio, così da smascherare il/la colpevole e restituire finalmente all’anima inquieta la sua pace. Una commedia nera sullarealtà intricata, fatta di istintive simpatie e antipatie e acerrime rivalità, nascoste dietro la cortesia ed il cameratismo del mondo dello spettacolo: tuttavia attrici e attori, capaci per professione e per vocazione di fingere al punto da creare l’illusione della verità, non dovrebbero incontrare difficoltà nel mostrare il volto dell’innocenza. La fatidica “prova” comunque ha inizio ed è subito un susseguirsi di situazioni paradossali e surreali, comiche e grottesche, in cui tutti gli artisti «mettono in luce le ‘piccolezze’ e fragilità di chi fa questo mestiere, e gli aspetti affascinanti di un gioco di scatole cinesi in cui non si capisce più dove finisca la realtà e inizi la finzione, tra continui colpi di scena, fino al parossistico finale».
Un avvincente racconto per quadri – martedì 3 marzo alle 21 – con “The Man”, uno spettacolo liberamente ispirato a “La Passione di Cristo” di Mel Gibson, con coreografie di Cristina Ledri e Cristiano Fagioli (che firma anche la regia), con sette danzatori in scena e la voce narrante di Paolo Valerio, scenografia video di Gianluca Magnoni, disegno luci di Cristiano Fagioli e costumi di Cristina Ledri, musiche di autori vari, produzione RBR Dance Company / gli Illusionisti della Danza. Un’opera multimediale, che sulla falsariga del pluripremiato (e controverso) film, racconta «la storia di un uomo e del suo tormento, del suo sacrificio come manifestazione di amore infinito, eroico e tenace»: le suggestive geometrie di corpi in movimento evocano ed amplificano le emozioni, mettono in risalto il pathos di una vicenda densa di significati simbolici e riferimenti culturali. “The Man” narra gli ultimi giorni della vita terrena di Gesù di Nazareth, restituendo i momenti più drammatici e cruciali e trasportando sulla scena il profondo significato, religioso ed umano, del messaggio evangelico di fratellanza, per «una riflessione sull’eterna lotta tra bene e male e sull’immenso potere dell’amore e del perdono». Ne “La Passione di Cristo”, Mel Gibson intreccia il racconto dei Vangeli alle visioni di Anna Katharina Emmerick, una mistica tedesca vissuta tra il 1774 e il 1824, autrice de “La dolorosa passione del Nostro Signore Gesù Cristo”, attingendo anche alla “Mistica Città di Dio” di María di Ágreda ed al “Poema dell’Uomo Dio” di Maria Valtorta. “The Man” rievoca una storia emblematica, non solo la cronaca di un martirio, che evidenzia la crudeltà di carnefici e aguzzini, ma anche una potente testimonianza di fede, attraverso la generosità di un sacrificio e la speranza di una resurrezione (o redenzione) finale.
Una galleria di ritratti di artiste e scienziate, atlete ed attiviste – martedì 10 marzo alle 21 – con “Ribelle / Storie di una notte cambiata”, la pièce dedicata alla scrittrice Michela Murgia e liberamente ispirata alle “Storie della buonanotte per bambine ribelli” di Francesca Cavallo ed Elena Favilli, con drammaturgia e regia di Maurizio Giordo (da un’idea di Paola Zoroddu) per una riflessione sulla condizione femminile, sul desiderio di emancipazione ma anche sulla volontà di porre fine alla violenza di genere. Una narrazione corale a più voci per rappresentare le molteplici sfaccettature dell’universo femminile, tra canti e racconti, con ricerca musicale e direzione cori di Sara Ledda, scenografie di Cassetto 108 di Manuel Attanasio, Marco Velli e Maurizio Giordo, disegno luci di Antonio Loriga e Maurizio Giordo e sound design di Marco Chirigoni e Maurizio Giordo, assistente alla drammaturgia Stefania Biddau, Voice Off di Maria Ledda, produzione Inoghe / Associazione Cultura e Spettacolo Ozieri – La Compagnia delle Donne – Gurdulù Teatro. In uno strano orfanotrofio un gruppo di donne-bambine ogni notte rivivono la loro infanzia “rubata”, tra ninna nanne, ricordi e letture, intrecciando il proprio vissuto con quello di cantanti come Maria Callas e Miriam Makeba, scrittrici come Grazia Deledda, ma anche le indomite Madri di Plaza de Mayo, campionesse sportive e streghe. Un’antologia di racconti che tracciano un ideale cammino verso la parità, tra il superamento dei modelli e dei pregiudizi della tradizione patriarcale ed il riconoscimento dell’intelligenza e dei talenti delle donne, sull’esempio di antiche e moderne eroine che hanno scelto di non rinunciare ai propri sogni, contribuendo così a scrivere la storia ed a cambiare il mondo.
Un delicato e toccante rito di commiato – sabato 21 marzo alle 21 – con “La Morte ovvero Il pranzo della domenica” (finalista al Premio Ubu 2024), uno spettacolo ideato, scritto e diretto da Mariano Dammacco ed interpretato da Serena Balivo, con musiche originali di Marcello Gori, consulenza spazio e luci di Vincent Longuemare, oggetti di scena a cura di Andrea Bulgarelli / Falegnameria Scheggia – produzione Compagnia Diaghilev – Dammacco/Balivo (con il sostegno di Spazio Franco – Palermo e Casa della Cultura Italo Calvino – Calderara di Reno). La pièce affronta «il più grande tabù della nostra cultura» attraverso la storia una donna non più giovane e dei suoi anziani genitori, che ogni settimana si riuniscono davanti ad una tavola per consumare il pasto festivo, mantenendo vivi i legami ed i ricordi e preparandosi insieme al distacco in attesa dell’inevitabile fine”. “La Morte ovvero Il pranzo della domenica” racconta la vecchiaia ed il mistero dell’aldilà, il senso della perdita e la consapevolezza dello scorrere del tempo, ma anche la volontà di trattenere quegli istanti preziosi e conservare la memoria delle persone care. Una riflessione sulla fragilità e sulla brevità dell’esistenza umana, sul valore simbolico dei gesti che compongono una sorta di rituale, per infrangere la solitudine ma anche sul comprensibile interesse, se non sull’ossessione, della coppia di ultranovantenni su ciò che li attende, varcata l’estrema soglia. “La morte ovvero il pranzo della domenica” rappresenta quasi «un invito a partecipare a un congedo appassionato e divertito che prova a restituirci la bellezza della vita stessa all’interno dell’esperienza dell’ultima separazione dalle persone amate, e all’interno della potenza nascosta e piena di pudori dell’amore in famiglia, l’amore tra vecchi sposi, l’amore tra genitori e figli».
Un dialogo a distanza – mercoledì 8 aprile alle 21 – con “Nives / Una telefonata lunga una vita” dal romanzo di Sacha Naspini (Edizioni E/O), con drammaturgia di Riccardo Fazi, un progetto teatrale di Giorgio Zorcù, con Sara Donzelli e Sergio Sgrilli e con le voci fuori campo di Graziano Piazza (prologo) ed Elena Guerrini (Donatella), costumi di Marco Caboni, collaborazione ai movimenti di Giulia Mureddu, disegno luci di Marcello D’Agostino e sound design di Umberto Foddis, grafica a cura di Matteo Neri, produzione Accademia Mutamenti, in collaborazione con MutaImago, coproduzione Teatro Fonderia Leopolda / Città di Follonica. Una donna, rimasta sola dopo la morte del marito, con l’unica compagnia di una gallina zoppa, per infrangere il muro della solitudine si rivolge al veterinario del paese: in una lunga conversazione, riaffiorano «fatti lontani nel tempo e vecchi rancori», ma anche «si scoprono gli abissi di amori perduti». “Nives” è un percorso a ritroso nel tempo, tra rivelazioni inattese e occasioni mancate, in una amaro bilancio dell’esistenza, tra rimorsi e rimpianti, fallimenti e disincanto, sullo sfondo di «una cultura contadina stralunata e feroce». Una storia emblematica, eppure singolare, in cui il peso delle scelte, giuste o sbagliate, ma ormai irrimediabili, riemerge attraverso le parole della protagonista e del suo interlocutore, in una tardiva consapevolezza di ciò che avrebbe potuto essere e non è accaduto, ma anche dell’inesorabile trascorrere del tempo, e dell’avanzare dell’età. “Nives” è un dramma moderno, in cui gli spettatori ascoltano le confessioni incrociate dei due protagonisti, condividendo i loro pensieri e le loro emozioni, i loro turbamenti e stati d’animo, la trama complicata dei loro destini.
Il gioco delle passioni, tra amori e incantesimi – domenica 19 aprile alle 21 – nel “Sogno di una notte di mezza estate” di COB / Compagnia Opus Ballet, con coreografie di Davide Bombana e musiche di Felix Mendelssohn e Jóhann Jóhannsson, dalla celebre commedia di William Shakespeare, con disegno luci di Carlo Cerri, abiti di Ermanno Scervino, direzione tecnica di Laura De Bernardis, editing musicale di Silvio Brambilla, elementi scenografici di Margherita Citran, sartoria a cura di Lisa Perin, per una versione immaginifica della storia dei giovani innamorati, tra fughe e inseguimenti, cui fa da contrappunto la rivalità fra i sovrani del regno delle fate. Sotto i riflettori Giuliana Bonaffini, Emiliano Candiago, Matheus De Oliveira Alves, Ginevra Gioli, Gaia Mondini, Giulia Orlando, Niccolò Poggini, Giovanni Russo, Sara Schiavo e Frederic Zoungla, Maître de ballet Giusi Santagati: un “Sogno” danzato in chiave contemporanea, fra accenti romantici e sonorità “nordiche”. «Rifacendomi ai temi dell’irrazionale e dell’assurdo presenti nel celebre testo di Shakespeare, vorrei creare un’atmosfera quasi beckettiana dove, tra realtà e allucinazione, un gruppo di danzatori danno vita ad un gioco di intrecci amorosi imprevedibile e vivace» afferma il coreografo Davide Bombana che dedica questa sua creazione a Silvia Poletti (scomparsa nel 2024). Nella dimensione “selvaggia” del bosco, popolato da fate e folletti, le vicende dei quattro giovani «sopraffatti in una notte d’estate dal loro bisogno d’amore e dall’irruenza della loro libido», si intrecciano allo scontro fra Oberon e Titania, «re e regina del mondo dell’allucinazione», che «sconvolgono nella loro furia l’equilibrio del pianeta».
La Stagione 2025-2026 di Prosa | Musica | Danza e Circo Contemporaneo al Teatro Comunale di San Gavino Monreale è organizzata dal CeDAC/ Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna con il patrocinio e il sostegno del MiC/ Ministero della Cultura, dell’Assessorato della Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport della Regione Autonoma della Sardegna e del Comune di San Gavino Monreale e con il contributo della Fondazione di Sardegna.






