A dodici mesi dall’alluvione che nella notte tra il 26 e il 27 ottobre 2024 devastò diverse zone di San Gavino Monreale (e in particolare la zona artigianale) riecheggia forte la voce di chi, a distanza di un anno, attende ancora risposte. A riportare l’attenzione sul tema è la lettera aperta firmata da Davide Moreno, Federico Pilloni e Nicola Frongia, titolari di “Dieffe – Matrimoni ed Eventi”, che hanno deciso di raccontare pubblicamente la loro esperienza e il sentimento di delusione verso le istituzioni.
«Quanto rumore fa un’alluvione? Sicuramente molto meno di quello che paradossalmente può fare il silenzio da parte delle istituzioni», scrivono i tre giovani professionisti sulla loro pagina social in un’accorata lettera aperta rivolta a cittadini e istituzioni. Nel loro racconto riaffiora la notte in cui il paese, colpito da piogge torrenziali, si ritrovò sommerso dal fango. Scantinati, aziende e magazzini vennero invasi dall’acqua in poche ore, e tra le zone più colpite vi fu anche il complesso Atlas Srl, dove si trovava il magazzino dell’azienda Dieffe.
«Durante l’alluvione si è trasformato in una vera e propria piscina», raccontano, ricordando come le attrezzature professionali – radiomicrofoni, fari, mixer, videoproiettori – siano state distrutte o trascinate via. «Accanto al box parcheggiavamo il nostro piccolo Renault Trafic, che Federico con grandi sacrifici era riuscito a recuperare. Purtroppo anche quel mezzo abbiamo dovuto rottamarlo».
Nonostante la devastazione, la mattina successiva la comunità si era mobilitata per aiutare chi era in difficoltà. «Il clima era surreale – ricordano – sembrava quasi una festa, con tutto il paese in strada a spalare fango». Ma quella solidarietà spontanea non è stata seguita da un adeguato sostegno istituzionale.
«Abbiamo seguito scrupolosamente le procedure – scrivono – ma a distanza di un anno siamo ancora senza risposte certe da parte del Comune di San Gavino Monreale e della Direzione Generale della Protezione Civile della Regione Sardegna». La critica è diretta e pungente: a loro sarebbe stato chiesto di fornire una documentazione ritenuta impossibile, come un verbale ufficiale che attestasse, al momento del disastro, la presenza dei beni danneggiati sul posto.
«Come è possibile che un intero paese, impegnato a salvare case e attività, potesse chiamare i vigili urbani o i carabinieri per verbalizzare ogni danno subito?», si domandano amaramente. «E come è possibile che funzionari comunali non sappiano dare chiarimenti su una richiesta simile?».
Oggi Dieffe è riuscita a ripartire, grazie al sostegno di amici, privati e associazioni del territorio. Ma la ferita resta aperta, e con essa il senso di abbandono. «Siamo profondamente delusi da chi avrebbe dovuto semplificare e agevolare la strada alle piccole realtà come la nostra per ripartire – scrivono in chiusura – da cui, invece, l’unica cosa ricevuta è stata il silenzio».
Si tratta di un appello che va oltre la singola vicenda aziendale, emblema delle difficoltà quotidiane di tante imprese locali che, dopo un evento calamitoso, si trovano a dover combattere non solo contro il fango, ma anche contro la burocrazia.






