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Allerta Meteo, polemiche sulla chiusura delle strutture pubbliche: un po’ di chiarezza

Allerta Meteo

La Protezione Civile ieri ha diramato un avviso di allerta rossa per diverse aree della Sardegna. Come da copione, violenti nubifragi e forti venti si sono abbattuti sull’Isola, provocando allagamenti e incidenti, per fortuna non gravi.

Come spesso accade quando viene diramata un’allerta rossa, seguita da ordinanze comunali di chiusura degli edifici pubblici, ad esempio quella emanata ieri dal sindaco Carlo Tomasi, si susseguono discussioni sulla liceità di queste chiusure, spesso definite “esagerate” o determinate da un eccessivo allarmismo. Il focus su cui vertono le discussioni, oltre alla posizione geografica di San Gavino, è sulla necessità di “chiudere tutto” a ogni acquazzone.

Per questo, cercheremo di fare chiarezza.

Innanzitutto, sulla base dei dati idrogeologici, idraulici e geomorfologici disponibili, il territorio della Sardegna è stato suddiviso in sette zone di allerta, che comprendono ambiti territoriali omogenei per l’atteso manifestarsi della tipologia e della severità degli eventi meteorologici, idraulici e idrogeologici intensi e dei relativi effetti. Si tratta di aree ben distinte dalle province o altri enti: San Gavino Monreale si trova ad esempio nel bacino denominato Montevecchio-Pischinappiu (Sard-C), che il 10 settembre 2020 era contrassegnato come area di allerta rossa.

Sgomberato il campo dalle perplessità geografiche, restano in discussione le direttive emanate ieri dal Comune sangavinese. Troppo restrittive?

Per rispondere, dobbiamo capire cosa prevede il Piano Comunale di Emergenza del Comune di San Gavino Monreale. Siamo andati a sfogliare il corposo manuale, pubblicato nella home page del sito istituzionale, e abbiamo trovato le seguenti disposizioni in caso di stato di allarme con codice rosso da parte della Protezione Civile.


9.6.3. CRITICITA’ ELEVATA (STATO DI ALLARME CODICE ROSSO)
Il Sindaco, ricevuto l’avviso di criticità ELEVATO (ALLARME codice ROSSO) da parte della Direzione Generale della Protezione Civile, o a seguito del peggioramento della situazione stato attenzione, predispone le seguenti azioni:

Il Sindaco, anche per mezzo del Responsabile del Servizio Protezione Civile, procederà ad informare costantemente la Sala Operativa Regionale Integrata (SORI), la Prefettura – UTG di Cagliari e la Provincia del Medio Campidano di ogni evoluzione del fenomeno.


Questo, dunque, è il piano che il Comune è tenuto a seguire, compresa la chiusura di scuole e impianti sportivi (anche privati). Resta discrezionale la chiusura degli uffici comunali e del cimitero, anch’esse contestate. Si tratta di chiusure necessarie? Proviamo ad approfondire.

Per il cimitero probabilmente, data la presenza di alberi alti, è preferibile una chiusura precauzionale, per evitare danni a cose e soprattutto alle persone.

Per quanto riguarda gli uffici comunali, sicuramente la chiusura non era obbligatoria. Un eccesso di precauzione? Sicuramente. Volto, però, a tutelare la salute dei dipendenti comunali (soprattutto i pendolari e chi è costretto a mettersi in auto). Uno spreco di risorse e/o un giorno di lavoro perso? No, per tutti i dipendenti comunali è stato attivato lo smart working, pratica ormai affinata da mesi di emergenza coronavirus. Nessun dipendente ha richiesto ferie: al netto di eventuali problemi alle linee telefoniche, l’operatività del Municipio è rimasta invariata (a parte gli sportelli al pubblico).

L’ultimo punto in sospeso resta dunque l’eccessiva frequenza con cui avverrebbero queste chiusure, causate dalle continue allerte rosse. Ma è vero? L’ultima ordinanza di chiusura di scuole e uffici pubblici, corrisponde all’ultima allerta rossa per rischio idrogeologico, datata 3 maggio 2018. Più di due anni fa!

In conclusione, probabilmente, data l’entità della pioggia odierna sarebbe stato possibile tenere tutto aperto. Ma come si può prevedere la forza di un nubifragio? E si può monitorare e prendere decisioni rapide con poco preavviso? E con le scuole aperte, si può aspettare l’ultimo momento per sapere se i bambini devono stare a casa? Forse no, per questo, nel dubbio, probabilmente è meglio essere avvisati tempestivamente della chiusura delle strutture pubbliche e minimizzare le percentuali di rischio.

Già nel 2015, in occasione di un’allerta meteo fortunatamente finita bene, seguita da polemiche feroci, avevamo scritto “forse c’è qualcuno che tifa per il disastro”. Quello che possiamo augurarci, con tutto il cuore, è di continuare a vedere “allerte rosse” che si risolvano con un nulla di fatto, piuttosto che ritrovarci a vivere alluvioni come quelle del 2008 o del 2013.

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