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sabato, 27 Aprile 2024

Gli antichi mestieri di San Gavino

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Non si sa di preciso quali fossero i mestieri che gli abitanti della villa di San Gavino praticassero nei periodi antichi; le attestazioni principali iniziano ad apparire per il periodo che va dal XVII secolo in poi, fino a raggiungere informazioni più dettagliate a partire dal XIX secolo, ovvero il 1800.

Le professioni che possiamo trovare nel nostro paese in quel determinato periodo sono diverse, e a parlarcene sono due importanti studiosi: il primo è Vittorio Angius, mentre il secondo è il canonico Raimondo Porru, che stilarono una relazione su San Gavino Monreale.

Vittorio Angius sosteneva che le professioni sono le seguenti: esistevano sarti in numero di 10, i bottai erano 12, 9 falegnami, 10 scarpai, 6 ebanisti, 7 fabbri ferrai, 12 muratori e 15 tra vasai e fabbricanti di mattoni – che si può pensare fossero costruiti in lardiri (o lardini).

Non esistevano soltanto questi mestieri manuali, ma in paese erano presenti pure 4 avvocati, 4 notai e 4 procuratori; oltre a 2 medici, un solo farmacista, 3 chirurghi generici, 4 flebotomi e per ultimo un chirurgo distrettuale.

Raimondo Porru invece sosteneva che esistessero 5 fabbri ferrai, 8 falegnami, 12 bottai, 8 muratori, 10 calzolai, 12 sarti e circa 9 tegolai; entrambi gli scrittori invece sono dello stesso parere per quanto riguarda il numero delle professioni mediche e di quelle giuridiche, come gli avvocati.

Gli antichi mestieri
Gli antichi mestieri

Esistevano, ovviamente vista la vocazione naturale dei paesi della Sardegna, anche agricoltori e allevatori. Per quanto riguarda i primi essi erano soliti coltivare cereali, probabilmente viti, sicuramente zafferano, olivi, lino e in misura minoritaria il gelso. Gli allevatori invece avevano nei pascoli esemplari di bovini, ovini, caprini, equini e suini; molto spesso i tipi di animali da allevamento davano anche il nomignolo a questi allevatori, che poi si poteva tradurre in cognome: ne è un esempio “Capraro”, che è un cognome diffuso. Non esisteva come professione ufficiale, ma molti erano soliti dedicarsi alla caccia e alla pesca: si cacciavano solitamente lepri, pernici e conigli, mentre si pescavano nei fiumi le anguille.

Tutti questi lavoratori vendevano i loro prodotti principalmente ai mercati delle feste che si celebravano in onore di alcuni santi, ed erano in occasione di Santa Severa, di Santa Chiara, di San Gimiliano e per ultima in onore di Santa Lucia il 13 dicembre; altri prodotti invece venivano portati nel mercati di Cagliari.

Vittorio Angius ci testimonia anche quali erano i lavori femminili: egli sostiene che l’attività principale era la tessitura, e ogni donna che si sposava aveva in casa pure un telaio; con questo strumento le donne cucivano panni in lana per i contadini, oppure in lino teli più grossi e resistenti, che erano anche di qualità maggiore rispetto a quelli che arrivavano da fuori dell’isola. In lino e in cotone venivano prodotte coperte per i ceti meno abbienti, mentre invece per la famiglie più agiate i manufatti erano broccati di lino più pregiato.

Fonte: Alberto Serra

Per approfondire:
CASTI A, Santu ‘Engiu arrogus de storia, 1997.
GIACU A, Oltre l’incendio, il manoscritto Porru, 2003.
ANGIUS – CASALIS, Dizionario storico, geografico, statistico, commerciale, 2006.

Serra Alberto.

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