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giovedì, 2 Maggio 2024

Addio Gigi Riva, eterna leggenda rossoblù

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In una fredda sera di gennaio, la Sardegna ha perso il suo Mito. Un campione dentro il rettangolo verde, un signore fuori dal campo di gioco. Un vero uomo d’onore, quando ha deciso di rimanere a Cagliari rifiutando i miliardi offerti dai club più blasonati. Un eroe sportivo, da oggi una leggenda, per alcuni addirittura un semidio. Questo è per tutti gli amanti del calcio e in particolare per i tifosi del Cagliari Gigi Riva, detto Rombo di Tuono. Così lo soprannominò il compianto Gianni Brera per descrivere il boato prodotto dall’impatto del suo piede mancino col pallone. Dotato di gran fisico, coraggioso, fortissimo in acrobazia, aveva infatti un sinistro devastante che scaricava in corsa e da fermo con effetti micidiali.

Se n’è andato il giorno 22, per pura coincidenza il doppio di quel numero 11 che ha portato sulla schiena per l’intera carriera. Il Cagliari Calcio ha ritirato la sua maglia, per celebrarlo e onorarlo per sempre, nel febbraio 2005, in occasione dell’amichevole Italia-Russia disputata al Sant’Elia. Una celebrazione indimenticabile perché oltre ai suoi tanti ex compagni, i cosiddetti “eroi dello scudetto”, c’era uno stadio intero ad applaudirlo. Una serata simbolica perché in campo c’era l’azzurro a cui Riva ha dato tantissimo. La sua carriera fu infatti condizionata da due gravi infortuni patiti in Nazionale, uno nel 1967 contro il Portogallo e uno nel 1970 contro l’Austria. Con la maglia azzurra, come lui nessuno mai: 35 gol in 42 presenze, record tuttora imbattuto. L’Europeo conquistato a Roma nel 1968 con un gol in finale contro la Jugoslavia e lo straordinario Mondiale di Messico ’70 con l’epico 4-3 sulla Germania vissuto da protagonista (segnò il gol del momentaneo 3-2). Solo il Brasile di Pelè, quasi imbattibile, ebbe la meglio sugli azzurri.

Nonostante a 18 anni non fosse particolarmente entusiasta di trasferirsi in un’isola all’epoca considerata sperduta, se ne è innamorato alla follia e si è stabilito definitivamente nel capoluogo sardo al termine della carriera. A Cagliari lo abbiamo incontrato in tanti, almeno una volta, a passeggio tra via Paoli e via Dante, oppure nel ristorante della Marina dove, in solitaria, gustava succulente specialità di pesce. Una solitudine e un silenzio che Riva ha scelto volontariamente, nonostante il grande amore dei suoi tifosi e del grande pubblico. Da sempre schivo e riservato, evitava la luce dei riflettori anche se le luci su di lui sono sempre state, in qualche modo, puntate. Sullo sfondo un carattere particolare, qualche momento personale complicato, la sempre difficile convivenza con la depressione. Dettagli, sfumature, problemi quasi sconosciuti, o forse semplicemente taciuti dai più per non scalfire, anche solo in minima parte, l’apparente invincibilità di Rombo di Tuono.

Luigi Riva nasce a Leggiuno il 7 novembre 1944 da mamma Edis e papà Ugo, che perde quando ha solo nove anni. Trascorre l’adolescenza lontano da casa, in un collegio religioso, e quando perde anche la madre viene cresciuto dalla sorella Fausta. Ha poche disponibilità economiche, Gigi, ma un destino radioso che lo attende. Dopo le prime partite nei campetti di periferia attorno a Leggiuno, disputa i primi campionati degni di tale nome col Laveno Mombello. Esordisce col Legnano, in Serie C, nel 1962 e in una stagione mette a segno 6 gol in 23 presenze.

Nel 1963, dopo esser stato strappato alla concorrenza per 37 milioni di lire, l’approdo in Sardegna. Un impatto non certo facile. Si affacciava pensieroso e malinconico dalla finestra dell’albergo che lo ospitava durante i suoi primi giorni a Cagliari. Pensava di essere arrivato in un lontanissimo Sud da cui poter scorgere le luci dell’Africa. In realtà erano le ciminiere della Saras di Sarroch, che da circa un anno rappresentava un importante polo industriale per l’Isola e dava lavoro e prospettive future a tantissimi sardi.

La malinconia che pervade Gigi fuori dal campo si tramuta in caparbietà, coraggio e spavalderia dentro il rettangolo verde. Ad appena 19 anni, Riva carica sulle sue spalle il Cagliari che milita in Serie B, diventando uno degli artefici della prima, storica promozione dei sardi nel massimo campionato. Dal 1965-66 al 1969-70 va sempre, ininterrottamente in doppia cifra. Si laurea capocannoniere nel 1966-67, anno del primo, grave infortunio patito in Nazionale, durante il quale mette a segno 18 gol. Realizza più gol di tutti, rispettivamente 20 e 21, anche nel 1968-69 e nel 1969-70, anno del mitico scudetto. Nel 1969 Riva arriva secondo nella classifica del Pallone d’oro, alle spalle di Gianni Rivera, per soli quattro voti, e nel 1970 è terzo dietro Gerd Müller e Bobby Moore.

Lo scudetto, dicevamo. Una cavalcata straordinaria che consente a Gigi Riva, già considerato il più grande attaccante italiano del dopoguerra, di diventare un eroe per una regione intera. Terminale offensivo di una squadra straordinaria, diventa capocannoniere del torneo con 21 reti in 25 partite, mettendo a segno gol fondamentali per il successo finale su quasi tutti i campi d’Italia. È decisivo anche nel Cagliari-Bari 2-0 che consente alla squadra di Scopigno di laurearsi Campione d’Italia con due giornate d’anticipo, realizzando la rete che sblocca il punteggio al 39° del primo tempo. «Il segreto dei nostri successi è che ci volevamo e ci vogliamo bene. – dichiarò commosso in occasione del quarantennale dello scudetto – Eravamo uniti, una cosa sola. Se toccavano uno di noi, tutti gli altri scattavano come una molla». Il segreto del successo fu proprio l’unità d’intenti e la forza del gruppo. Ma l’attore principale era lui, un protagonista che ha interpretato forse la sua scena migliore a Vicenza con una spettacolare rovesciata che i tifosi non hanno mai dimenticato. «Quello scudetto vale più di dieci titoli di Juventus, Milan o Inter» è una delle frasi di Riva che attribuisce un valore inestimabile allo scudetto del Cagliari.

Nel campionato post-tricolore, subisce un grave infortunio giocando in Nazionale, contro l’Austria, al “Prater” di Vienna. Frattura del perone della gamba destra, questo il drammatico responso degli esami clinici dopo l’intervento-killer del difensore austriaco Norbert Hof. In qualche modo è l’inizio del declino del Cagliari, che senza i gol di Riva non riesce a bissare il successo in campionato e viene eliminato dalla Coppa dei Campioni.

Rientrato dall’infortunio, l’attaccante di Leggiuno gioca ad alto livello le stagioni 1972-73 (12 reti) e 1973-74 (15 reti). Ma il Cagliari è ormai un lontano parente di quello che ha dominato il campionato tricolore. Altri seri infortuni compromettono quasi interamente il campionato 1974-75, nel quale Gigi Riva disputa solo 8 incontri e segna appena 2 reti. Rimane al Cagliari fino al 1975-76, ed è proprio il 1° febbraio 1976 che, in un brutto contrasto col difensore del Milan, Aldo Bet, Riva subisce un grave strappo muscolare all’adduttore della coscia destra che sancisce, di fatto, la fine della sua carriera. Tenta di recuperare, il caparbio Rombo di Tuono, ma i tentativi sono vani. Abbandona il calcio giocato ad appena 31 anni, dopo aver messo a segno 156 gol in 289 presenze in Serie A, 33 reti in 42 incontri di Coppa Italia e 4 marcature nelle 6 partite disputate col Cagliari nelle Coppe europee. È ancora oggi il miglior marcatore assoluto nella storia del Cagliari.

Ma oltre i numeri, importanti e forse ineguagliabili, è la fedeltà alla causa rossoblù ad aver reso Gigi Riva una leggenda. Richiesto più volte dalle “big” del Nord, (soprattutto la Juventus che offrì un miliardo di lire), Riva ha dichiarato ripetutamente di non voler lasciare la Sardegna. Nel 1973 l’affare sembrava concluso, ma Riva, per l’ennesima volta, non accettò: «Rifiutai con rabbia. Mi avevano ceduto senza interpellarmi, come una bestia. Da qui non me ne vado, dissi, prendo un bel chiodo e ci appendo le scarpette».

Al termine della carriera, stabilitosi a Cagliari, Riva tra le altre cose si è dedicato a promuovere l’attività calcistica tra i giovani fondando la scuola calcio che porta il suo nome. Si è affacciato nuovamente nel “mondo Cagliari” nel 1986-87 quando ha ricoperto, per pochi mesi, la carica di Presidente del Club.

Nel 1990 è stato ingaggiato dalla FIGC come dirigente accompagnatore della Nazionale; ha poi svolto il ruolo di team manager azzurro fino al maggio 2013. Ha ottenuto il grande riconoscimento rappresentato dal Collare d’oro al merito sportivo, ricevuto dal Presidente del Coni Giovanni Malagò davanti al pubblico del Sant’Elia il 12 febbraio 2017. Il 18 dicembre 2019 è stato nominato Presidente onorario del Cagliari dal patron rossoblù Tommaso Giulini.

Il Cagliari lo ha inserito nella sua Hall of Fame. I tifosi lo hanno votato come miglior calciatore nella Top 11 Rossoblù – I più forti di sempre. Nel maggio 2015, a Roma, è stata inserita una targa a lui dedicata nella Walk of Fame dello sport italiano, riservata agli ex atleti italiani  che si sono maggiormente distinti con le loro prestazioni in campo internazionale.

Ma le statistiche, le vittorie, i record, i riconoscimenti, svaniscono in un istante quando si parla della morte di un uomo. Ci siamo preoccupati nelle ultime ore della sua esistenza terrena, abbiamo pregato per lui. Abbiamo sperato di vederlo uscire dall’ospedale, trionfante, magari con le braccia levate al cielo, come era solito fare dopo uno dei suoi numerosissimi gol. Così non è stato, un destino un po’ beffardo lo ha strappato alla vita proprio nell’anno in cui avrebbe spento 80 candeline. E noi amanti di un calcio romantico, ora spettatori di un pallone schiavo del business, lontano parente dello sport ricco di valori a cui Gigi Riva era profondamente legato, oggi ci sentiamo tremendamente più soli.

Grazie Gigi, eterno campione e vero uomo d’onore

Luca Pes

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