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venerdì, 3 Maggio 2024

Verso le elezioni comunali: perché (quasi) nessuno vuole fare il sindaco?

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Sono più di 3.500 i comuni chiamati al voto per le prossime elezioni amministrative, in programma tra il 15 aprile e il 15 giugno 2024. Di questi, 27 comuni si trovano in Sardegna, 8 nel Sud Sardegna (Calasetta, Esterzili, Genoni, Guasila, Samatzai, San Gavino Monreale, Sant’Anna Arresi e Serrenti).

A distanza di pochi mesi, in diversi paesi e città, i cittadini non hanno idea di chi saranno i candidati, confermando la tradizionale difficoltà nel trovare figure idonee e disposte ad assumersi gli oneri e gli onori della carica di sindaco.

Essere sindaco in Italia è infatti una sfida che va ben oltre la gestione quotidiana degli affari comunali. Oltre alle responsabilità amministrative e sociali, ci sono numerosi ostacoli (e se vogliamo, pericoli) dal punto di vista giuridico, da affrontare nel corso di un mandato lungo cinque anni.

Se da un lato è vero che la disaffezione generale alla politica e alla gestione della “cosa pubblica” sembra inarrestabile (e i dati sull’astensionismo nelle ultime tornate elettorali lo certificano) è anche vero che essere sindaco in Italia, oggi, equivale a camminare su un campo minato. La mancanza di candidati volenterosi di mettersi in gioco per la propria città è stata spesso collegata alle tante, troppe mansioni che gravano sulle spalle dei sindaci, responsabili non solo dell’amministrazione tecnica e finanziaria di un comune ma anche degli aspetti di respiro ben più ampio legati alla salute e alla sicurezza pubblica.

Per citare alcuni esempi famosi: la sindaca di Torino Chiara Appendino è stata condannata a un anno e sei mesi per la tragedia in Piazza San Carlo del 3 giugno 2017 in occasione della proiezione di una partita di calcio, a causa della quale sono morte tre persone. La sindaca di Crema Stefania Bonaldi ha ricevuto un avviso di garanzia dopo che un bambino si è fatto male incastrando le dita nella porta tagliafuoco di un asilo comunale. Recentemente sei sindaci delle Marche sono stati indagati per il presunto mancato tempestivo allarme ai cittadini della media vallata del Misa e Nevola circa la pioggia da record che il 15 settembre 2022 investì la provincia di Ancona. Tutti esempi distanti geograficamente da noi ma che probabilmente danno la dimensione del ventaglio enorme di responsabilità spesso fuori dai confini del “buon senso”.

Anche nel nostro territorio le cronache ci hanno abituati a minacce verso i sindaci e gli amministratori, cause per mobbing, abuso d’ufficio, denunce per il presunto mancato rispetto di normative, ma anche ad attacchi pretestuosi per fini politici. In particolare l’abuso d’ufficio è un spauracchio: secondo ANCI, l’Associazione dei Comuni Italiani, «ogni volta che un sindaco firma un atto rischia di commettere un abuso d’ufficio. Se non firma, rischia l’omissione di atti d’ufficio». A onor del vero le statistiche dicono che meno dell’1% delle denunce per abuso d’ufficio poi si tramuta in condanna, ma affrontare un processo è comunque fonte di stress e preoccupazione (oltre che uno sperpero di denaro).

Ma quali sono le responsabilità dei primi cittadini? Vengono chiarite negli articoli 50 e 54 del “Testo unico degli enti locali” (decreto-legge n. 267 del 18 agosto 2000, abbreviato in “Tuel”) e ricadono in due ambiti fondamentali: in primo luogo il sindaco di una città rappresenta il comune in cui è stato eletto (articolo 50), ma allo stesso stesso tempo è anche un «ufficiale del governo» (articolo 54) e assolve quindi a funzioni di competenza statale.

Un altro elemento importante da tenere in considerazione quando si parla delle responsabilità dei sindaci è il ruolo svolto da assessori e dirigenti comunali. Come detto, queste figure sono scelte dal sindaco stesso e si occupano di tematiche specifiche come urbanistica, sport, cultura, etc. Di fatto però gli assessori mantengono competenze principalmente su questioni tecniche, mentre i fondi necessari per qualsiasi iniziativa devono sempre essere stanziati in primo luogo dal sindaco. E dunque la responsabilità, di fatto, resta in capo ai sindaci.

Tutto questo, insieme ai bilanci complicati di molti comuni, dalla morbosità giornalistica e mediatica su tutti i processi che coinvolgono i sindaci (che non è poi adeguata in caso di proscioglimento o assoluzione), oltre a una retribuzione media non eccessivamente elevata (proporzionalmente al carico di responsabilità, si intende: si parte da circa 1.200 euro lordi per un comune con un massimo di mille abitanti e si procede a scaglioni fino ad arrivare a circa 7.800 euro per i sindaci di comuni con più di mezzo milione di abitanti), porta a desistere dalla candidatura a tantissimi candidati potenzialmente capaci e diligenti.

Per concludere, un sindaco che in cinque anni non vuole collezionare denunce a raffica deve essere un sindaco particolarmente capace, circondato da assessori altrettanto capaci e supportato da uffici tecnici impeccabili. E naturalmente, deve contare parecchio sulla fortuna, sperando che nessuno si faccia male all’interno di strutture pubbliche e che non accadano eventi naturali di eccezionale intensità. Chi è disposto a scommettere sul proprio futuro, con tutte queste variabili in gioco?

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